È sempre arbitrario suggerire un’esperienza, specie in questa terra, indirizzare verso l’una o verso l’altra delle direzioni possibili, delle sensazioni catturabili, svelabili, quelle che poi si possono portare a casa, o con più fortuna tornare a visitare. Si tratta per lo più di frammenti con cui chi scrive è entrato, di volta in volta, in contatto, senza mediazioni, quasi con veemenza, fino a cucirli insieme e farne qualcosa che assomiglia a una passione.
Sono allora le mani contadine, le rughe di una volta, il profumo dei limoni, sono le parole sagge saccheggiate da un dialetto arcaico e rude, immasticabile come certe erbe di campagna, la fragranza dell’olio d’oliva scoperta su di un tozzo di pane di casa (come si chiama ancora da queste parti quando lo cuociono sulla legna).
Sono i pomodorini rossi, tirati tanto a lucido che sembrano scoppiare tra le mani, o messi al sole a seccare per concentrare tutto il calore rubato, l’origano selvatico che staresti lì ore a sfarinare, la goccia di latte caduta dal fico, ancora la brezza marina che verso sera decide di andare a dormire proprio qui, dove si trova chi scrive. E che ti porta le suggestioni e le storie raccolte giù al largo, insieme alle barche colorate dei pescatori, alle reti riparate con la corda spessa, alle evoluzioni dei pesci tutti insieme.
Il gusto del vino ancora sincero e generoso che s’è pigliato con sé i ricordi di questa terra, di chi l’ha lavorata e sudata, e della vegetazione che vi cresce sopra. O le arance mistero d’inverno (come se l’estate lì dentro non volesse finire mai), le pietre che sfiori colle mani, ruvide e grezze, oppure insagomate da mani esperte nel corso dei secoli, che le hanno rese balconi, dimore di campagna, castelli (e cosa possono fare le mani e l’ingegno con una pietra che pure lei ruba il sole al tramonto…).
Sono le palme e i frangipani, enigma tropicale che qui s’è acclimatato come volesse dimostrare qualcosa, come volesse aggiungere ancora un timbro, ancora un’essenza ai mille che già esplodono ritrovando le stagioni (e sono il gelsomino e la zagara, il filadelfo e gli appostamenti odorosi della macchia mediterranea, che più si scalda più butta fuori odori). Il dolceamaro delle mandorle pizzute (chiedere a Sulmona), il moscato gelato e i cesti di nespole…
… Le conchiglie e i legni sbiancati dal mare, il bianco e il blu e tutte le sfumature che ci camminano in mezzo, il viola delle bouganville, il giallo dei meloni, il rosso dell’anguria, il verde della natura ovunque (che in certi periodi, questo angolo di terra pare l’Irlanda…).
I gusti, gli odori, i sapori, i colori, le piccole gioie catturate, registrate, connesse tra loro in libera fluttuazione: chi scrive se l’è rimescolate a modo proprio. E rimanda ovviamente alle guide (ma vi dà un aiutino nella sezione link) per i capolavori del barocco, le riserve naturali, i parchi archeologici (a proposito: ci troviamo proprio accanto a uno di questi). E poi ancora per i poeti e gli scrittori, i filosofi e gli artisti che in ogni epoca qui hanno narrato, immaginato dato forma alle proprie intuizioni, alle proprie visioni, per grazia ricevuta o per talento faticosamente cesellato, proprio come si lavora la pietra che qui ruba il sole al tramonto.
Chi scrive ha solo cercato di restituire qualche indizio, così alla rinfusa, questo è ciò che più gli interessava di fare, a suo insindacabile giudizio. Ma se avrà l’onore e il piacere di contarvi tra i suoi ospiti, starà a voi cucire questi fotogrammi in una storia. Questi e altri, s’intende, che saprete cogliere, registrare, vivere, e che qui abbiamo colpevolmente omesso o più semplicemente, e modestamente, non ancora scoperto.
Se poi sarete a un tempo così gentili e arditi da restituire a chi scrive un racconto, fotografico o letterario che sia, di ciò che sarete riusciti a mettere insieme in questa congerie di emozioni, beh, egli saprà a sua volta cosa farne (e se glielo chiederete, ve lo dirà).
Perché chi scrive può cercare di fare il possibile per farvi vivere nella maniera migliore tutto questo, come dire, lavorare di prospettiva, ma quella di costruire una storia è una libertà che lasciamo a voi. La libertà del benessere delle cose autentiche, come noi la chiamiamo da queste parti.
Vostro Chourmo